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05/06/1997


ultimo aggiornamento:  08/10/2011








La qualità dell'aria in automobile

Il tema della sicurezza è diventato estremamente importante nelle moderne automobili: negli ultimi anni, tutte le auto sono diventate più grandi e robuste, ed equipaggiate con un gran numero di dispositivi destinati ad aumentare la sicurezza dei passeggeri. Tutto ciò per diminuire il rischio legato agli aspetti “dinamici” della guida (basti pensare all’ABS e ai sistemi di controllo della trazione) e per minimizzare le conseguenze di eventuali incidenti (airbag, strutture ad assorbimento d’urto ecc.).

Neppure l’utilitaria più economica può permettersi di fare a meno di rispettare dei requisiti di sicurezza di elevato livello. Allo stesso tempo, i parametri di comfort degli abitacoli sono migliorati notevolmente, grazie al progresso dei materiali, delle tecnologie e delle conoscenze sulla correlazione tra benessere del guidatore e sicurezza di guida: ogni aspetto degli interni, della plancia e dei sedili risponde a precisi dettami di ergonomia, mentre impianti di condizionamento sempre più sofisticati sono in grado di tenere sempre sotto controllo i parametri ambientali.

Nonostante questi grandi progressi, rimane ancora, in gran parte trascurato, un aspetto di grande importanza nei confronti della prevenzione del rischio per la salute: l’inquinamento dell’aria.

Aspetti di maggiore rischio e priorità di intervento

Respirare un’aria inquinata, mentre siamo a bordo di un’auto, può comportare delle conseguenze negative, più o meno gravi e più o meno differite nel tempo. A differenza di quanto si può pensare, il pericolo più grave, da contrastare con la massima efficacia, non è rappresentato dalle sostanze tossiche (comunque importanti per le conseguenze a medio-lungo termine) ma dagli allergeni, cioè da tutte quelle sostanze in grado di indurre allergie e scatenare reazioni allergiche anche semplici, come un banale starnuto.

Infatti, un recente studio della DAAB (Deutschen Allergie- und Asthmabund e.V.), associazione tedesca che si occupa di allergie ed asma, ha stimato un aumento degli incidenti stradali del 30% in conseguenza delle crisi allergiche primaverili, quindi in relazione all’esposizione a pollini. Ciò è facilmente comprensibile, tenendo conto che, procedendo a 100 km orari, uno starnuto può fare perdere il controllo cosciente del veicolo per circa 30-50 metri di percorrenza.

Un’eventuale crisi asmatica può comportare problemi ancora più gravi, con potenziali pericoli per la sicurezza stradale. La stessa DAAB, nel suo studio, mette in guardia contro l’uso di farmaci antistaminici per contrastare i sintomi dell’allergia, in quanto possono provocare sonnolenza e notevoli rallentamenti nei tempi di reazione.

Il rimedio raccomandato è quello di ricorrere a dei filtri antipolline di buona qualità, da sostituire agli intervalli raccomandati di percorrenza (10.000-15.000 km, secondo i vari modelli).

I pollini

I granuli di polline costituiscono la maggiore causa di allergie respiratorie, che interessano quasi esclusivamente le primissime vie respiratorie (naso, gola), ciò a causa della grandezza relativamente ampia dei granuli, in genere superiore ai 10 µm.

Questa caratteristica rende i pollini facilmente arrestabili da un filtro di buona qualità applicato alla presa d’aria esterna del sistema di aerazione dell’auto. Tuttavia, è essenziale che il materiale filtrante impiegato sia dotato anche di una notevole capacità di arresto in massa, perché all’apice della fioritura la produzione di polline è in certe zone notevolissima, e può portare rapidamente alla saturazione del filtro.

Per questo motivo è consigliabile inserire un filtro nuovo a febbraio (inizio delle fioriture precoci) e sostituirlo dopo il picco di produzione pollinea, in giugno, per essere efficacemente protetti fino a settembre inoltrato.

Gli acari

Tutte le persone allergiche sanno che gli acari (artropodi di dimensioni inferiori a 0,5 mm), responsabili da soli di quasi il 50% delle allergie, sono presenti nella polvere domestica e nei tessuti di cuscini e materassi: purtroppo, pochi sanno che gli acari ci accompagnano numerosissimi anche durante i viaggi in automobile.

Infatti, specialmente in presenza di residui alimentari, gli acari proliferano abbondamente all’interno di moquette, tappetini e sedili, disseminando le loro feci ovunque. Sono proprio le particelle fecali, della grandezza di circa 10 µm, a scatenare le reazioni allergiche. Ogni volta che ci si accomoda su un sedile, si provoca il sollevamento di una nuvola di particelle allergeniche sottilissime, che si diffonde nell’intero abitacolo.

Per eliminare rapidamente queste particelle, è necessario ventilare abbondantemente con aria esterna adeguatamente filtrata e ricorrere ad un filtro molto efficace sull’aria di ricircolo. Molto importante, per mantenere bassa la carica infestante di acari, è una pulizia periodica ed accurata dei sedili e dei rivestimenti interni con potenti aspirapolvere e generatori di vapore.

Non è invece consigliabile l’utilizzo di sostanze chimiche acaricide, che esporrebbero per lungo tempo ad esalazioni tossiche anche gli occupanti dell’auto. Viste le dimensioni e la quantità delle particelle da filtrare, l’uso di un buon filtro antipolline è senz’altro efficace anche per gli acari. A differenza di quanto avviene per i pollini, il fenomeno non è stagionale, ma proporzionale alla quantità di cibo a disposizione di questi artropodi, che in auto non manca mai: oltre alle briciole lasciate dai bambini che fanno merenda, gli acari apprezzano molto i residui di sfaldamento superficiale della nostra pelle, ed ognuno di noi ne rilascia circa un grammo al giorno, una quantità sufficiente a mantenerne un’intera popolazione.

Particolato solido e sostanze chimiche adsorbite sulla superficie particellare

Anche se pollini ed acari rappresentano gli allergeni più diffusi ed importanti, non si deve dimenticare che moltissime sostanze chimiche di sintesi, oppure di origine naturale, sono responsabili di allergie respiratorie. La maggior parte di queste sostanze si trova in sospensione nell’aria sotto forma di condensato, adsorbito sulla superficie di particelle solide.

Il pulviscolo sospeso nell’aria è costituito da una grande varietà di particelle, diverse per grandezza, forma e composizione, complessivamente chiamato PM (dall’inglese Particulate Matter).

Il PM è suddiviso in base al diametro aerodinamico, cioè ad una dimensione (espressa in µm, millesimi di millimetro) equivalente a quello di una particella sferica ideale. Il PM10 sta ad indicare tutte le particelle di diametro inferiore a 10 µm, mentre il PM2.5 comprende tutte le particelle inferiori a 2,5 µm, e così via.

Questa suddivisione è molto importante, perché a diametri diversi corrisponde una diversa capacità di penetrare all’interno dell’apparato respiratorio (minore è il diametro, più profondamente sarà in grado di giungere la particella respirata). I massimi livelli di PM sono regolamentati in base agli effetti nocivi che possono comportare, e vanno sempre più riducendosi con l’aumentare delle conoscenze sui danni alla salute che derivano dalla esposizione a particelle sempre più piccole.

Il limite attuale per il PM10 è pari a 40 µg/m3 (valore medio annuale), in corso di ulteriore riduzione. Nel prossimo futuro verrà regolamentato anche il PM2.5, ora considerato più significativo nei confronti del rischio di contrarre patologie gravi. Attualmente sotto attento esame sono le nanoparticelle (dal diametro inferiore a 0,1 µm - PM0.1), sospettate di essere fortemente nocive.

Quando il diametro delle particelle è tale da renderle facilmente inalabili, ecco che il rischio allergico respiratorio si manifesta in tutta la sua pericolosità. Come è noto, la prondità di inalazione dipende dalla classe di grandezza della particella, quindi le particelle più grandi (6-10 µm) comporteranno delle conseguenze alle prime vie respiratorie (tosse, mucose nasali e faringee irritate, starnuti), mentre quelle più fini (0,3-2 µm) possono facilmente raggiungere i bronchi e perfino la profondità degli alveoli, causando broncospasmi acuti e, a lungo andare, anche gravi malattie croniche degenerative come la BPCO (Bronco-Pneumopatia Cronica Ostruttiva).


È importante sottolineare che le particelle rappresentano la frazione più pericolosa degli inquinanti in sospensione nell’aria: queste polveri fini e finissime hanno una grande importanza, sia come azione tossica diretta per la loro stessa composizione e natura fisico-chimica, sia come veicolo per il trasporto di altre sostanze nocive all’interno dell’organismo.

In genere, si ritiene che più dell’80% delle patologie connesse all’esposizione ad inquinanti atmosferici (tumori, malattie cardiocircolatorie) è correlata alla frazione respirabile del particolato, cioè caratterizzata da un diametro inferiore a 10 µm. L’aria esterna utilizzata per ventilare l’abitacolo può contenere concentrazioni e qualità di particelle molto diverse secondo la zona attraversata: naturalmente la situazione peggiore riguarda l’ambiente urbano ad alta densità di traffico, ma in realtà anche l’ambiente più favorevole è caratterizzato da quantità di polveri non trascurabili, tipiche del contesto stradale.

Una grande quantità di particelle deriva infatti dall’usura degli pneumatici, del materiale d’attrito di freni e frizioni, del piano stradale, e dai sali e dalla sabbia sparsi per prevenire la formazione del ghiaccio. Queste fonti contribuiscono soprattutto alla frazione di diametro superiore, costituita per la maggior parte da particelle da 10 µm. Le frazioni più sottili sono invece formate soprattutto da residui di combustione (particolato formato da materiale carbonioso e da metalli pesanti) e da particelle secondarie, che si formano in atmosfera per aggregazione di inquinanti molecolari (nitrati, solfati ecc.).

Abbiamo quindi visto che il particolato più grossolano è formato da materiale di origine minerale (silice, fibre sintetiche) e biologica (pollini e altri allergeni di natura vegetale ed animale). In passato vi erano numerose fibre di amianto, ora in diminuzione, in seguito al divieto generalizzato di utilizzo di questo materiale cancerogeno. Ciò significa che, dal punto di vista sanitario, questa frazione è soprattutto responsabile di fenomeni allergici ed irritativi a carico delle prime vie respiratorie.

Le particelle carboniose più fini, invece, sono caratterizzate dalla abbondante presenza di sostanze ad azione tossica e cancerogena: i granuli di carbonio, infatti, si comportano come minuscole spugne che ospitano moltissimi contaminanti di origine metallica (ferro, zinco, cadmio, antimonio, platino, palladio, cerio) e sostanze organiche come gli idrocarburi policiclici aromatici (PAH). Considerando che le particelle inferiori al micron sono quelle che contribuiscono maggiormante alla superficie totale del particolato, e la tossicità che le contraddistingue, si spiega la grande attenzione attualmente riservata a questa classe dimensionale.

Destano ultimamente molta preoccupazione anche le nanoparticelle (inferiori a 0,1 µm): esse sono infatti costituite più o meno degli stessi componenti delle particelle fini (metalli pesanti e sostanze organiche), quindi ad elevato livello di tossicità, ma in più possiedono la caratteristica di passare agevolmente le barriere che delimitano gli alveoli polmonari, entrando così direttamente nel circolo sanguigno. Questa classe dimensionale sta assumendo molta importanza con la sempre maggiore diffusione dei moderni sistemi filtranti rigenerativi antiparticolato (ad es. il FAP®), che sono molto efficaci nel trattenere le particelle emesse dai motori diesel ma, allo stesso tempo, sono sotto inchiesta per le nanoparticelle emesse durante la combustione rigenerativa periodica. Anche gli additivi usati per abbassare la temperatura di combustione dei depositi nel catalizzatore (ossido di Cerio) sono considerati fonti importanti di nanoparticelle di sospetta tossicità.

Gli inquinanti chimici interni

Oltre agli inquinanti chimici di origine esterna (veicolati dal particolato, oppure in forma gassosa, come Ozono, Benzene, ossidi di Azoto e monossido di Carbonio), sono presenti nell’abitacolo elevate quantità di sostanze chimiche pericolose che invece derivano da fonti interne: in particolare, gli inquinanti più abbondanti e pericolosi derivano dalle esalazioni delle sostanze volatili contenute nei materiali plastici strutturali o di rivestimento impiegati nella costruzione del veicolo.

Le autorità sanitarie ed i costruttori di auto sono al corrente del problema, mentre gli utenti non ne sono ancora molto informati. Tutti però conoscono molto bene il fenomeno del tipico “odore di auto nuova”, che diventa particolarmente intenso quando si lascia l’auto parcheggiata al sole. Ciò è dovuto proprio al rilascio delle sostanze chimiche contenute nei materiali plastici, che è tanto più intenso quanto maggiore è la temperatura interna dell’abitacolo.

Le concentrazioni di questi inquinanti possono raggiungere livelli molto elevati, in alcuni casi decisamente superiori a quelle di sostanze simili potenzialmente introdotte dall’esterno. Per ovviare al problema, sono stati emanati da alcuni Enti normatori (TUV, JAMA) degli standard che stabiliscono i massimi livelli accettabili di queste sostanze nell’abitacolo. Alcune Case costruttrici hanno cominciato ad uniformare la loro produzione a questi standard, ed hanno richiesto ai loro fornitori di ridurre la quantità di additivi tossici contenuti nelle plastiche utilizzate.

Tuttavia, alcune recenti indagini, condotte da associazioni di consumatori, hanno rilevato dei livelli di inquinanti di origine interna molto elevati, specialmente in alcuni particolari modelli di automobile. Per questo motivo, è sempre consigliabile ventilare accuratamente l’auto prima di mettersi alla guida, specialmente nella stagione estiva.

Oltre alle plastiche, bisogna ricordare che anche altri materiali possono rilasciare rilevanti quantità di inquinanti nell’abitacolo, come ad esempio le pelli naturali, che emanano formaldeide ed altre sostanze chimiche utilizzate nella conciatura.

Per la migliore tutela della propria salute e quella dei propri figli, che sono molto più sensibili all’azione delle sostanze tossiche ed allergeniche, il migliore rimedio è costituito dall’adozione di un filtro efficace, in grado di purificare l’aria dalla maggior parte possibile degli agenti nocivi che essa contiene.

La filtrazione dell'aria negli abitacoli

I primi filtri dell’aria per abitacolo sono stati installati negli anni ‘80: al giorno d’oggi, praticamente ogni nuovo modello d’auto è equipaggiato con un filtro almeno del tipo “antipolline” (adatto solo per particelle di PM10 e maggiori).

Alcune auto offrono in opzione filtri antipolline combinati con carboni attivi per l’abbattimento anche degli inquinanti chimici e degli odori, mentre cominciano ad essere installati su alcuni modelli dei filtri di tipo HEPA (filtri ad alta efficienza per particelle fini). Qualche costruttore offre anche filtri dotati di additivi antibatterici e antimuffa, e stanno per arrivare sul mercato auto equipaggiate con lampade ultraviolette e filtri catalitici.

L’attenzione sul problema della qualità dell’aria è molto elevata e, per molti acquirenti, il livello di filtrazione dell’aria interna fa parte delle motivazioni d’acquisto di un modello d’auto piuttosto che un altro. Il mercato della ricambistica offre una vasta scelta di prodotti, di qualità molto variabile: è possibile trovare dei filtri migliori di quelli di primo equipaggiamento, oppure dei prodotti realizzati con materiali scadenti e poco performanti.

Poiché i filtri per abitacolo richiedono, per mantenere delle prestazioni adeguate, un ricambio frequente, molti cercano nell’after market un’alternativa più economica al filtro originale: vediamo allora quali sono i criteri per riconoscere un filtro di qualità e di elevata efficienza.

Tipologia dei filtri: filtri particellari

La filtrazione dell’aria in un impianto di ventilazione automobilistico presenta dei problemi non indifferenti: gli spazi tecnici sono molto limitati e le perdite di carico devono essere il più possibile contenute, per evitare un’eccessiva penalizzazione delle portate.

I filtri particellari (cioè adatti per arrestare inquinanti sotto forma di articolato) di uso comune, utilizzano prevalentemente dei materiali filtranti in fibra cellulosica o sintetica (TNT o Tessuto Non Tessuto in fibra poliestere o di altro polimero). Questi materiali sono caratterizzati da un meccanismo di filtrazione prevalentemente meccanico, cioè basato su un meccanismo a “setaccio” di interferenza fisica con le particelle in sospensione nell’aria; quindi l’efficienza di filtrazione è tanto maggiore quanto più fitto è il reticolo di fibre.

Un filtro molto efficiente, dunque molto fitto, comporterebbe delle eccessive perdite di carico: per ovviare a questo problema, si cerca di massimizzare il più possibile la superficie del materiale filtrante, ripiegandolo ripetutamente in piccole pieghe accostate. A parità di materiale dichiarato dal costruttore, saranno da preferire i filtri realizzati con maggior numero di pieghe, data una specifica superficie frontale. Un filtro con molte pieghe sarà un po’ più costoso, perché realizzato con più materiale e con macchinari più sofisticati, ma sarà in grado di esibire una maggiore efficienza, minori perdite di carico ed una vita operativa più estesa.

Alcuni filtri sono realizzati con materiali elettrostatici, cioè con fibre dotate di una carica elettrica impressa in produzione (filtri electret). Questa carica serve ad attrarre le particelle elettrostaticamente, permettendo di utilizzare, a parità di efficienza, un materiale più leggero, con minore quantità di fibre per unità di superficie e quindi con minori perdite di carico. Purtroppo, con le tecnologie attuali, non è possibile conservare a lungo le cariche impresse sulle fibre, che si neutralizzano dopo un tempo variabile, secondo le condizioni climatiche e la tipologia degli inquinanti trattenuti, da qualche giorno a poche ore di funzionamento.

Così, in breve, il filtro electret si trasforma in un normale filtro meccanico a bassa grammatura, e quindi, di scarsa efficienza. Nonostante il valore iniziale relativamente elevato, l’efficienza di un filtro electret decresce con il passare del tempo, mentre in un filtro formato da fibre non elettrostatiche, ma di grammatura superiore, l’efficienza sale progressivamente, al prezzo di un innalzamento delle perdite di carico. Ad ogni modo, le forze di attrazione elettrostatica svolgono un ruolo importante anche nei filtri formati da fibre senza cariche imposte: si tratta di cariche di minore entità, che agiscono a minore distanza dal margine della singola fibra, ma che hanno carattere permanente, perché dipendono dalla struttura chimico-fisica del materiale impiegato, anziché da un temporaneo processo di carica esterno.

A causa della grande quantità di polveri presente sulle nostre strade, i filtri abitacolo si ricoprono velocemente di uno strato di particelle depositate, che si sovrappone al materiale filtrante: così, dopo qualche tempo, le proprietà filtranti diventano dipendenti dal deposito accumulato. In teoria, converrebbe sfruttare questo effetto il più possibile, ma in pratica, emergono ben presto due importanti effetti negativi, cioè l’aumento eccessivo delle perdite di carico (che provoca una progressiva diminuzione della portata d’ariqa dell’impianto ed un forte aumento della rumorosità del ventilatore) e la proliferazione di muffe e batteri, che trovano un terreno ideale di crescita nel filtro intasato, con la conseguente formazione di cattivi odori e sostanze tossiche derivate dal metabolismo dei microrganismi.

Ciò impone un ricambio frequente dei filtri, che la maggior parte dei costruttori indica ad intervalli di 10.000 - 15.000 Km. In realtà, si tratta di un’indicazione di massima, ed i filtri dovrebbero essere sostituiti al primo accenno di diminuzione di portata o di emissione di odori avvertibili, secondo le diverse condizioni ambientali. In un ambito urbano fortemente trafficato, la vita operativa media di un filtro può essere molto inferiore a quella prevista.

Anche in zone suburbane o di campagna, il fenomeno della fioritura, con il rilascio di enormi quantità di pollini, può mettere in crisi qualsiasi filtro in pochi giorni. Comunque, a parità di efficienza, la durata operativa di un filtro dipende soprattutto dalla superficie effettiva di filtrazione: maggiore sarà la superficie esposta al flusso d’aria, maggiore sarà la quantità di polveri che il filtro potrà ospitare prima di intasarsi eccessivamente. Ciò significa che, come già accennato, si dovranno privilegiare nella scelta i filtri dotati di maggior numero di pieghe per unità di superficie: il piccolo incremento di costo sarà ampiamente ripagato dalla maggiore durata e dalle migliore efficienza di filtrazione.

Filtri combinati (particellari più carboni attivi)

Il filtro combinato riunisce in un’unica struttura la capacità di trattenere gli inquinanti sotto forma di particelle e le sostanze maleodoranti e nocive sotto forma di gas o vapori. Ciò grazie ad una struttura stratificata, formata in genere da un materiale fibroso sintetico seguito da uno strato di granuli di carbone attivo, contenuto da due foglietti permeabili all’aria. Le pareti di contenimento hanno spesso anche la funzione di sostegno ed irrigidimento strutturale del filtro.

L’efficacia dei filtri combinati dipende, come abbiamo visto per i filtri particellari, dalla qualità dei componenti e dalla superficie utile di filtrazione. Per quanto riguarda il carbone attivo, la superficie utile non consiste solo nell’estensione lineare dello strato filtrante, ma soprattutto nella porosità dei granuli. Essi infatti, sono in grado di “intrappolare” al loro interno le molecole dei gas inquinanti, in funzione del numero e del diametro dei pori di cui è costituita la loro struttura. In questo aspetto risiede la qualità del carbone attivo impiegato: esistono in commercio molte varietà di carbone attivo, che differiscono per origine (petrolchimica o vegetale), calibro e numero dei pori.

In genere, la tipologia che mostra i migliori risultati in questa applicazione è quella ricavata da lla carbonizzazione dei gusci di noce di cocco ed attivata con vapore acqueo. A volte, si utilizzano dei conglomerati di granuli di carbone e colla, oppure dei tessuti fibrosi o spugnosi a celle aperte impregnati di carbone. Questi prodotti, anche utilizzando carbone di buona qualità, hanno generalmente una resa inferiore rispetto ad un letto filtrante di puri granuli, in parte per la minore quantità di carbone utilizzata per unità di superficie, in parte per la presenza di leganti come colle o resine che comportano la parziale otturazione dei pori attivi. Alcuni carboni sono addittivati con catalizzatori o reagenti per migliorarne l’efficienza su determinati inquinanti, ma in genere il loro uso è limitato ai veicoli speciali o per uso militare.

Sviluppi tecnologici in atto

Il settore della filtrazione dell’aria negli abitacoli delle auto è in continua evoluzione, sospinto dalla domanda di sempre migliore qualità ed efficienza.

Nei tessuti filtranti cominciano a trovare applicazione le nanofibre, che permetteranno di ottenere elevate efficienze di filtrazione su particelle di diametro infinitesimo. Tali tessuti troveranno presto impiego anche nei filtri di largo consumo, protetti da opportuni prefiltri per le particelle più grossolane.

Per quanto riguarda la filtrazione dei gas, in abbinamento ai carboni attivi, si utilizzeranno materiali fotocatalitici o elettrocatalitici, che consentiranno di estendere la vita operativa dei filtri a livelli molto più elevati degli attuali.

Ma nuove tecnologie e nuovi materiali non bastano per produrre filtri efficienti e di qualità: il progresso è fatto anche di accorgimenti costruttivi dettati dall’esperienza, dal rispetto dell’evoluzione normativa, dagli investimenti in Ricerca & Sviluppo e dall’attenzione costante alle esigenze degli utenti. Questo è l’insieme di contenuti che permette alla ditta Campi di affrontare la competizione dei mercati più esigenti con tutte le carte in regola.

 Bibliografia e links di approfondimento

Guida Bosch per cambiare da sè il filtro aria abitacolo, con ricerca interattiva per marca e modello d'auto

www.HealthyCar.org - The Consumer Guide to Toxic Chemicals in Cars

Oggi, in Italia, sono almeno 15 milioni le auto dotate di un filtro abitacolo come equipaggiamento di serie, su un totale di circa 30 milioni di automobili in circolazione. A dispetto delle raccomandazioni dei Costruttori di sostituire il filtro almeno una volta all´anno, vale a dire almeno ogni 15 mila chilometri di percorrenza, i filtri venduti e sostituiti ogni anno in Italia sono, in media, 7-7,5 milioni, ovvero meno della metà di quanti dovrebbero essere. A questo si aggiunge il fatto che in Italia molti dei filtri venduti e sostituiti sono di scarsa qualità e quindi, quantomeno, inefficaci.
(La Repubblica 06/12/2006)

EPA - Mobile source air toxics - Il sito dell'Environmental Protection Agency dedicato agli inquinanti originati dal traffico veicolare

"Fungal colonization of automobile air conditioning systems", uno studio sulla presenza delle muffe nei condizionatori per auto

"Pollutants lurk inside vehicles: don't breathe and drive ?" articolo divulgativo sul problema degli abitacoli inquinati

"In-Car Air Pollution" uno studio approfondito sulla qualità dell'aria negli abitacoli



Continua...

a Aspetti di maggiore rischio e priorità di intervento:
a I pollini
a Gli acari
a particolato solido e sostanze chimiche adsorbite sulla superficie particellare
a Gli inquinanti chimici interni
a La filtrazione dell'aria negli abitacoli
a Tipologia dei filtri: filtri particellari
a Filtri combinati (particellari più carboni attivi)
a Bibliografia e links di approfondimento
 
Un abitacolo lussuoso può essere molto confortevole, ma l’aria che vi respiriamo non sempre è di qualità sufficiente a tutelare la nostra salute
 
La differenza tra un filtro aria abitacolo a fine vita operativa ed uno nuovo, illustra in modo efficace ciò che respiriamo sulle nostre strade
 
Quando si passa molto tempo nel traffico, a volte non ci si rende conto dell’inquinamento che ci circonda. Indossare una T-shirt bianca può essere un test alla portata di tutti. Lo stato dei polmoni è facilmente immaginabile
(Legambiente)
 
IL PARTICOLATO (PM)
Il pulviscolo sospeso nell’aria è costituito da una grande varietà di particelle, diverse per grandezza, forma e composizione, complessivamente chiamato PM (dall’inglese Particulate Matter).
 
LA FRAZIONE RESPIRABILE
L’apparato respiratorio funziona come un vero e proprio filtro separatore: le particelle più grossolane sono trattenute nelle vie superiori, mentre le più fini penetrano via via nelle strutture più profonde. Questo fatto determina delle conseguenze differenziate in base alla natura del particolato inalato: ad esempio, i pollini causano fenomeni allergici a livello di naso e faringe, mentre il fumo di tabacco, costituito in gran parte da particelle submicroniche, agisce prevalentemente su bronchi terminali ed alveoli (ARPA)
 



DIVERSE TIPOLOGIE DI POLLINE
Dall'alto: Betulla, Pino, Noce, Nocciolo. I granuli di polline possono essere molto diversi per forma e dimensione, ma in genere il loro ampio diametro ne impedisce la progressione oltre la mucosa nasale
 
ACARI DELLA POLVERE
Moquette, tessuti ed imbottiture dei sedili ospitano miriadi di acari che liberano grandi quantità di particelle fecali fortemente allergeniche
 
 
DISTRIBUZIONE DIMENSIONALE DEL PARTICOLATO URBANO
Le particelle in sospensione nell’aria urbana appartengono a tre “famiglie” principali, che si distinguono per origine, costituzione chimico-fisica e dimensione. Le dimensioni inferiori a 10 µm caratterizzano la frazione respirabile, in grado di raggiungere varie profondità nell’apparato respiratorio (ARPA)
 
IMPORTANZA DELLE VARIE CLASSI DIMENSIONALI DI PARTICELLE
Se consideriamo l'importanza dal punto di vista del numero, la classe dimensionale più numerosa è quella delle particelle più piccole (a); la classe intermedia è invece prevalente in rapporto alla superficie complessiva (b), mentre il contributo in massa (c) è a carico prevalentemente delle classi di dimensioni maggiori ed intermedie, con la classe delle più piccole praticamente ininfluente.
Ciò significa che nessuna classe può essere trascurata: ognuna nel proprio ambito di importanza è in grado di determinare pesanti conseguenze. Tuttavia, le particelle di classe intermedia (0,1-1µm) sono particolarmente importanti, perchè sono in grado di introdurre nel polmone grandi quantità di sostanze nocive, sia per massa costitutiva, sia per assorbimento sulla loro notevole superficie complessiva (ARPA)
 
Gli interni delle auto moderne sono realizzati con molte parti in materiale sintetico, che contengono additivi plastificanti e ritardanti la fiamma. Queste sostanze possono inquinare l’aria dell’abitacolo per molto tempo
 
Concentrazioni di additivi alogenati ritardanti la fiamma (PDBE) e plastificanti (ftalati) presenti come condensato superficiale all’interno dell’abitacolo di alcuni modelli d’auto di marche diverse (www.ecocenter.org)
 
STANDARD SULLA QUALITÀ DELL’ARIA INTERNA NELLE AUTOMOBILI
Queste norme sono di recente emanazione, e sono ancora in gran parte inapplicate. Per ora vi aderiscono solo le auto vendute sul mercato interno giapponese e la Ford con il modello C-Max, limitatamente ad alcuni mercati (www.ecocenter.org)
 

Installare un filtro contenente carboni attivi di buona qualità può migliorare notevolmente la qualità dell’aria nell’abitacolo. Lo strato esterno in TNT filtra le particelle e protegge il carbone attivo. Essenziale la qualità della guarnizione di tenuta laterale per evitare trafilaggi di inquinanti
 
Nella maggior parte delle auto, il filtro dell’aria abitacolo purifica l’aria esterna prima dell’immissione. In alcuni modelli, ha il compito anche di trattare l’aria di ricircolo. Si tratta di un aspetto molto importante per l’abbattimento degli inquinanti di origine interna
 
Sul mercato si trovano filtri di ricambio che equivalgono o superano per prestazioni il filtro originale, adatti praticamente per la totalità delle auto in commercio
 
MATERIALE FILTRANTE IN FIBRE POLIESTERE (TNT) DI BUONA QUALITÀ, REALIZZATO CON PROCEDIMENTO UMIDO (WETLAID)
Le fibre di diametro differenziato e notevolmente intrecciate, sono indice di buone prestazioni filtranti su un elevato intervallo dimensionale di particelle
 
ANALISI DIMENSIONALE DI DUE MATERIALI FILTRANTI IN TNT
Le immagini , processate a falsi colori da un apposito software, permettono di apprezzare nel dettaglio le differenze tra due diversi campioni di filtri in TNT: il materiale nella immagine in alto possiede fibre di diametri fortemente differenziati ed intrecciate su più direttive, mentre il campione sottostante è formato da fibre di grandezza simile ed orientate prevalentemente nello stesso senso. La struttura di tipo A necessita di sistemi di produzione più complessi, ma permette di ottenere migliori prestazioni.
 
FILTRO COMBINATO (COMBI FILTER)
Questi filtri sono costituiti da una struttura stratificata, composta da un materiale filtrante per il particolato (A) formato da fibre in grado di trattenere efficacemente le particelle (B), seguito da uno strato di granuli di carbone attivo (C), in grado di assorbire i cattivi odori e gli inquinanti gassosi. Uno strato finale di contenimento (D) ha la funzione di impedire il rilascio dei granuli
 
TESSUTI IMPREGNATI DI CARBONE ATTIVO
A volte trovano impiego nella costruzione di filtri per abitacolo. Alcuni tipi sono di qualità elevata, ma la quantità di carboni attivi contenuta è inferiore a quella ottenibile con uno strato di granuli. Inoltre, la presenza di leganti può ostruire parzialmente i pori del carbone, diminuendone la capacità adsorbente
 
TESSUTO FILTRANTE IN NANOFIBRE
E’ possibile apprezzare la differenza tra la grandezza del granulo di polline e la trama del tessuto, che può trattenere facilmente particelle centinaia di volte più piccole
 
Impianto di climatizzazione veicolare dotato di plenum con lampade ultraviolette
 
Fibra innovativa ad alta capacità di ritenzione per nanoparticelle, realizzata con microfibre di silice applicate su fibra portante in vetro
 

 


Email: cristiano.vergani@ariacube.com